Spese di condominio: come ripartire i consumi d’acqua

L’art. 1123 c.c. “Ripartizione delle spese”, così afferma: “le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione“.

Questo significa che, la ripartizione delle spese sul consumo d’acqua, dev’essere proporzionale tra le proprietà dei condomini, di preciso in base ai valori millesimali detenuti.

Questo vuol dire che, non è possibile fondare la divisione della bolletta a seconda del numero di persone presenti in ogni abitazione.

E’ prevista una possibilità di deroga laddove intervenga una disciplina convenzionale, ossia un accordo tra condomini che preveda differenti modalità di riparto.

Spese di condominio: i contatori

Se sono presenti contatori per ogni unità immobiliare e uno relativo all’acqua utilizzata negli spazi comuni, ogni privato dovrà provvedere a rispondere a seconda del proprio contratto di somministrazione con il gestore. Le spese comuni saranno invece ripartite secondo il criterio generale.

La Suprema corte, nell’interpretare l’art. 1123 del c.c. conferma che “il primo comma della citata disposizione detta un criterio per la spesa di tutti i beni e servizi di cui i condomini godono indistintamente, basato su una corrispondenza proporzionale tra l’onere contributivo e il valore della proprietà di cui ciascun condomino è titolare“.

A meno che non si tratti di cose destinate a servire i condomini con misure diverse, in quel caso le spese sono ripartite a seconda dell’uso che ognuno può farne.

Queste regole vengono applicate sia in caso di condominio minimo che supercondominio.

Spese di condominio: la prova

Per quel che riguarda i costi del contatore, la Cassazione è intervenuta con sentenza n. 23699/2016 chiarendo che laddove l’acquedotto abbia chiesto un decreto ingiuntivo all’utente per i suoi presunti consumi, in un eventuale opposizione sarà proprio il creditore che dovrà produrre  lo strumento di misura.

In pratica, la Corte chiarisce che, nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevanza dei consumi mediante il contatore, questo non rappresenta una prova completa, in quanto la rilevazione dei consumi è assisitita da una mera presunzione semplice di veridicità.

In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, è sul somministratore che grava l’onere di provare che il contatore sia perfettamente funzionante, dall’altro  lato invece grava sul fruitore l’onere di provare che l’eccessività dei consumi sia dovuta a cause esterne il suo controllo e che non avrebbe potuto evitare di aver vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore, ossia determinare un incremento dei consumi.

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